mercoledì 11 gennaio 2017

Origine della Festa della Bruna



a cura di Gianmarco Lippolis

Storia e leggende legate alla venerazione


Non chiare sono le origini della festa la cui storia, tramandata di generazione in generazione, si è arricchita col tempo di innumerevoli varianti. Una di queste leggende racconta che una giovane e sconosciuta signora chiese ad un contadino di farla salire sul suo carretto per accompagnarla a Matera. Giunta alla periferia della città, nella zona dell'attuale chiesa dell'Annunziata di Piccianello, scese dal carretto e chiese al contadino di portare un suo messaggio al Vescovo, in cui diceva di essere la madre di Cristo. Il Vescovo insieme al clero ed al popolo accorse subito ad accogliere la Vergine, e vi trovarono una statua; così la statua della Madonna fu fatta entrare in città su un carro trionfale addobbato.
L'origine della tradizione della distruzione del carro invece è narrata da un'altra leggenda, secondo la quale i Materani, per evitare che il quadro della Madonna fosse rubato e distrutto dai Saraceni che assediavano la città, lo nascosero prima su un carretto e poi, messo in salvo il quadro, distrussero loro stessi il carretto pur di non far cadere le sacre immagini nelle mani di quegli infedeli. Alcuni storici locali, invece, sostengono che intorno all'anno 1500 il conte Giovan Carlo Tramontano, all'epoca signore di Matera, avesse fatto grandi promesse al popolo materano per dare maggiore solennità alle celebrazioni del 2 luglio, compreso un carro nuovo ogni anno. I cittadini materani così, per mettere alla prova il mal sopportato tiranno, assaltarono il carro trionfale costringendo il conte a mantenere la sua promessa. Le prime testimonianze concrete sull'esistenza di un carro trionfale rimandano tuttavia all'anno 1690.
Relativamente al nome "Madonna della Bruna" sono attribuite diverse ipotesi: la prima è che derivi dal termine altomedioevale longobardo brùnja che era la corazza, la protezione dei cavalieri, quindi il nome avrebbe il significato di Madonna della difesa; altri invece sostengono che derivi da Hebron, città della Giudea dove la Vergine si recò per la visitazione a santa Elisabetta; infine un'ultima ipotesi, meno accreditata, è che il nome derivi dal colore del viso della Vergine.
Gli inserimenti profani come il carro navalis e la sua violenta distruzione, affiancatisi col tempo all'intimità e solennità religiosa originaria, fanno di questa festa un evento interessante che affonda le sue radici in antichissime rappresentazioni che si tenevano in molti paesi del Mediterraneo; nella stessa cultura greca era ricorrente celebrare anche feste nuziali attraverso dei carri trionfali, delle "navi su ruote" riccamente decorate.
La statua della Madonna è ubicata all'interno di una teca nel transetto della Cattedrale a lei dedicata. Nella stessa cattedrale un affresco che la raffigura, di scuola bizantina e risalente al XII secolo, si trova sull'altare sito all'ingresso della navata sinistra.

La festa oggi


La festa, in uno straordinario insieme di sacro e profano, inizia alle cinque del mattino con la processione dei pastori, con il quadro della Vergine dipinto su rame portato in tutta la città ed annunciato da file di botti esplosi in segno di festa. In tarda mattinata la statua della Madonna viene portata in processione dalla Cattedrale alla parrocchia di Piccianello dall'Arcivescovo con tutto il clero al seguito. Sfilano inoltre per accompagnare la Vergine i "cavalieri" della Bruna, che fungono da scorta della protettrice, vestiti in costumi d'epoca con chiare influenze spagnole con colori sgargianti, elmi piumati, corazze e cavalli aventi bardature da parata.

Il carro trionfale

Il tradizionale carro trionfale è realizzato in cartapesta per essere montato sulla struttura motrice, ed è trainato da quattro coppie di muli. Nella città l'arte della cartapesta è praticata da secoli, e tra i tanti maestri cartapestai si possono citare i Pentasuglia, gli Epifania, i Nicoletti, i Daddiego, Sansone, autori dei carri di tante edizioni. Il carro con la statua di Maria Santissima della Bruna percorre le vie centrali della città, partendo nel tardo pomeriggio dalla parrocchia di Piccianello ed effettuando il percorso inverso rispetto alla processione della mattina; giunto in Cattedrale compie tre giri della piazza in segno di presa di possesso della città da parte della protettrice, e subito dopo la statua della Madonna viene fatta scendere dal carro per essere deposta in Cattedrale; così inizia l'ultima parte del tragitto verso la centrale piazza Vittorio Veneto dove il carro verrà assaltato e distrutto dalla folla.
Nella tumultuosa discesa verso la piazza, il carro è scortato dai cavalieri della Bruna e da volontari che lo circondano per evitare che giovani impazienti lo distruggano prima dell'arrivo. Solitamente, il carro subisce i primi assalti in corrispondenza della chiesa di Santa Lucia, proprio all'ingresso della piazza, mentre i difensori che fanno da cordone serrano le fila e l'auriga incita i muli per compiere gli ultimi metri di tragitto e condurlo integro fino al centro della piazza. Gli assalitori tentano con grande irruenza di portare a casa un pezzo del carro come trofeo e come segno beneaugurante (il manufatto in precedenza viene benedetto dall'Arcivescovo, perché su di esso la Vergine giungerà in città) prima che ne rimanga solo lo scheletro. Il rito secolare si conclude così tra il tripudio generale, e l'anno successivo un nuovo carro verrà progettato e costruito. Questo è un rito collettivo di rinascita e di rigenerazione antichissimo, per i materani l'anno nuovo è dopo tutto ciò. Si chiude un ciclo con lo "strazzo" del carro per iniziarne uno nuovo.
La festa della Bruna termina a notte fonda con l'esplosione dei fuochi pirotecnici che illuminano la Gravina ed i Sassi di Matera. "A mmogghjë a mmogghjë a quonn cj vahnë" (sempre meglio l'anno venturo), è l'augurio finale dei materani per una festa sempre più bella.

Una breve storia della festa della Bruna (padrono di Matera)