giovedì 22 giugno 2017

ENGIM ARTIGIANELLI: a cura di Daniel Signor



Il Centro Servizi Formativi "ARTIGIANELLI" è la sede di Torino di 
ENGIM Piemonte.
ENGIM nasce dalla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo di San Leonardo Murialdo, dichiarato santo da Papa Paolo VI il 3 maggio 1970.
San Leonardo Murialdo dirige il Collegio Artigianelli a partire dal 1866, dedicandosi all'Accoglienza, alla Formazione Umana, Cristiana e Professionale dei ragazzi poveri,
ultimi ed emarginati. 
ENGIM opera sul territorio nazionale ed internazionale ed ha avviato le sue attività in Piemonte nel 1979.


Engim artigianelli : a cura di vostro Simone Girardi







IL servizi  formativi Artigianelli  è  la  sede a Torino di  Engim Piemone.
Engim nasce dalla  congregazione dei  Giuseppini del  Miurialdo di  maggio   dichiarato  santo dal Papa PaoloVI il 3   maggio del 1970 .San  Leonardo Murialdo  dirige  il  collegio Artigianelli a partire d al 1866  , dedicandosi  All'  accoglienza alla formazione    umana Cristiana    e professionale dei ragazzi poveri ,ultimi  ed   ultimi ed emarginati.Engim opera sul territorio nazionale ed internazionale  ed ha  avviato le sue attiverà in Piemonte nel  1979

ENGIM ARTIGIANELLI: a cura di Davide Berruto

Il Centro Servizi Formativi "ARTIGIANELLI" è la sede di Torino di ENGIM Piemonte.
ENGIM nasce dalla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo di San Leonardo Murialdo, dichiarato santo da papa Paolo VI il 3 maggio 1970.
San Leonardo Murialdo dirige il Collegio Artigianelli a partire dal 1866, dedicandosi all'Accoglienza, alla Formazione Umana, Cristiana e Professionale dei ragazzi poveri, ultimi ed emigrati.
ENGIM opera sul territorio nazionale e internazionale ed ha avviato le sue attività in Piemonte nel 1979.

ENGIM ARTIGIANELLI: a cura di Marco Olivetti





Il Centro Servizi Formativi "ARTIGIANELLI" è la sede di Torino di ENGIM Piemonte.
ENGIM nasce dalla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo di San Leonardo Murialdo, dichiarato santo da Papa Paolo VI il 3 maggio 1970.
San Leonardo Murialdo dirige il Collegio Artigianelli a partire dal 1866, dedicandosi all'Accoglienza, alla Formazione Umana, Cristiana e Professionale dei ragazzi poveri, ultimi ed emarginati.
ENGIM opera sul territorio nazionale ed internazionale ed ha avviato le sue attività in Piemonte nel 1979.

ENGIM ARTIGIANELLI: a cura di Sergio Valenti

Il Centro Servizi Formativi "ARTIGIANELLI" è la sede di Torino di ENGIM Piemonte.
ENGIM nasce dalla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo di San Leonardo Murialdo, dichiarato santo da Papa Paolo VI il 3 maggio 1970.
San Leonardo Murialdo dirige il Collegio Artigianelli a partire dal 1866, dedicandosi all'Accoglienza, alla Formazione Umana, ENGIM opera sul territorio nazionale ed internazionale ed ha avviato le sue attività in Piemonte nel 1979.

ENGIM ARTIGIANELLI: a cura di Luca Pulcini


Il Centro Servizi Formativi "ARTIGIANELLI" è la sede di Torino di EMGIM Piemonte.
ENGIM nasce dalla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo di San Leonardo Murialdo, dichiarato  santo da Papa Paolo VI il 3 maggio 1970.
San Leonardo Murialdo dirige il collegio Artigianelli a partire dal 1866, dedicandosi all'Accoglienza, alla Formazione Umana, Cristiana e Professionale dai ragazzi poveri , ultimi ed emarginati.
ENGIM opera sul territorio nazionale ed internazionale ed ha avviato le sue attività in Piemonte nel 1979.

ENGIM ARTIGIANELLI a cura di Davide Mazzone







Il centro Servizi formativi "ARTIGIANELLI" è la sede di Torino di ENGIM Piemonte .
ENGIM nasce dalla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo di San Leonardo Murialdo, dichiarato santo da Papa Paolo VI il 3 maggio 1970.
San Leonardo Murialdo dirige il Collegio Artigianelli a partire dal 1866, dedicandosi all'accoglienza, alla Formazione Umana, Cristiana e professionale dei ragazzi poveri, ultimi e emigranti. ENGIM opera sul territorio nazionale ed ha avviato le sue attività in Piemonte nel 1979.

ENGIM ARTIGIANELLI: a cura di Gianmarco Lippolis



Il Centro Servizi Formativi "ARTIGIANELLI" è la sede di Torino di ENGIM Piemonte.
ENGIM nasce dalla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo di San Leonardo Murialdo, dichiarato santo da Papa Paolo VI il 3 maggio 1970.
San Leonardo Murialdo dirige il Collegio Artigianelli a partire dal 1866, dedicandosi all'Accoglienza, alla Formazione Umana, Cristiana e Professionale dei ragazzi poveri, ultimi ed emarginati. 
ENGIM opera sul territorio nazionale ed internazionale ed ha avviato le sue attività in Piemonte nel 1979.

ENGIM ARTIGIANELLI: a cura di Dino Zecchini

Il Centro Servizi Formativi "ARTIGIANELLI" è la sede di Torino di ENGIM Piemonte.
ENGIM nasce dalla Congregazione dei Giuseppini del Murialdo di San Leonardo Murialdo, dichiarato santo da Papa Paolo VI il 3 maggio 1970.
San Leonardo Murialdo dirige il Colleggio Artigianelli a partire dal 1866, dedicandosi all'Accoglienza, alla Formazione Umana, Cristiana e Professionale dei ragazza poveri, ultimi ed emarginati.
ENGIM opera sul territorio nazionale ed internazionale ed ha avviato le sue attività in Piemonte nel 1979.

venerdì 16 giugno 2017

LONDRA: a cura di Davide Berruto

Londra ospita molti musei, gallerie d'arte e altre istituzioni. L'entrata a molti di essi è gratuita e rappresentano uno dei luoghi di maggior interesse per il turismo oltre ad essere importanti per la ricerca. Il museo più frequentato è il British Museum a Bloomsbury, fondato nel 1753, oggigiorno conta 7 milioni di reperti archeologici provenienti da tutto il mondo. Nel 1824 la National Gallery è stata fondata per ospitare la collezione nazionale britannica di dipinti occidentali, l'edificio ora occupa una posizione di rilievo a Trafalgar Square. Nella seconda metà del XIX secolo, presso South Kensington, si è sviluppata la cosiddetta "Albertopolis", un quartiere culturale e scientifico. Tre importanti musei nazionali qui vi si trovano: il Victoria and Albert Museum (per le arti applicate), il museo di storia naturale e il museo della scienza.

LONDRA: a cura di Marco Olivetti


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Londra ospita molti musei, gallerie d'arte e altre istituzioni. L'entrata a molti di essi è gratuita e rappresentano uno dei luoghi di maggior interesse per il turismo oltre ad essere importanti per la ricerca. Il museo più frequentato è il British Museum a Bloomsbury, fondato nel 1753, oggigiorno conta oltre 7 milioni di reperti archeologici provenienti da tutto il mondo. Nel 1824 la National Gallery è stata fondata per ospitare la collezione nazionale britannica di dipinti occidentali, l'edificio ora occupa una posizione di rilievo a Trafalgar Square. Nella seconda metà del XIX secolo, presso South Kensington, si è sviluppata la cosiddetta "Albertopolis", un quartiere culturale e scientifico. Tre importanti musei nazionali qui vi si trovano: il Victoria and Albert Museum (per le arti applicate), il Museo di Storia Naturale e il Museo della scienza.

LONDRA a cura di Davide Mazzone


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Londra ospita molti musei, gallerie d'arte e altre istituzioni. L'entrata a molti di essi è gratuita e rappresentano uno dei luoghi di maggiori interesse per il turismo oltre ad essere importanti per la ricerca. Il museo più frequentato è il British Museum a Bloomsbury, fondato nel 1753, oggigiorno conta oltre 7 milioni di reperti archeologici provenienti da tutto il mondo. Nel 1824 la National Gallery è stata fondata per ospitare la collezione nazionale britannica di dipinti occidentali, l'edificio ora occupa una posizione di rilievo a Trafalgar Square. Nella seconda metà del XIX secolo, presso South Kensington, si è sviluppata la cosidetta "Albertopolis" un quartiere culturale e scientifico. Tre importanti musei nazionali qui si trovano: il Victoria and albert Museum (per le arti applicate) il Museo di storia Naturale e il Museo della scienza.

LONDRA: a cura di Luca pulcini






Londra ospita molti musei, gallerie d'arte e altre istituzioni. L'entrata a molti di essi è gratuita e rappresentano uno dei luoghi di maggior interesse per il turismo oltre ad essere importanti per la ricerca. Il museo più frequentato è il Brithish Museum a Bloomsbury, fondato nel 1753, oggigiorno conta oltre 7 milioni di reperti archeologici provenienti da tutto il mondo. Nel 1824 la National Gallery è stata fondata per ospitare la collezione nazionale britannica di dipinti occidentali, l'edificio ora occupa una posizione  di rilievo a Trafalgar Square. Nella seconda metà del XIX secolo, presso South Kensington, si è sviluppata la cosiddetta "Albertopolis", un quartiere culturale e scientifico. Tre importanti musei nazionali qui vi si trovano: il Victoria and Albert Museum (per le arti applicate), il Museo di Storia Naturale e il Museo della Scienza.

LONDRA: a cura di Daniel Signor



Londra ospita molti musei, gallerie d'arte e altre istituzioni. L'entrata a molti di essi è garantita e rappresentano uno dei luoghi di maggior interesse per il turismo oltre ad essere importanti per la ricerca. Il museo più frequentato è il British Museum a Bloomsbury, fondato nel 1753, oggigiorno conta oltre 7 milioni di reperti archeologici provenienti da tutto il mondo. Nel 1824 la National Gallery è stata fondata per ospitare la collezione nazionale britannica di dipinti occidentali, l'edificio ora occupa una posizione di rilievo a Trafalgar Square. Nella seconda metà del XIX secolo, presso South Kensington, si è sviluppata la cosiddetta "Albertopolis", un quartiere culturale e scientifico. Tre importanti musei nazionali qui vi si trovano: il Victoria and Albert Museum (per le arti applicate), il Museo di Storia Naturale e il Museo della scienza.

LONDRA: a cura di Dino Zecchini

Londra ospita molti musei, gallerie d'arte e altre istituzioni. L'entrata a molti di essi è gratuita e rappresentano uno dei luoghi di maggior interesse per il turismo oltre ad essere importanti per la ricerca. Il museo più frequentato è il British Museum a Bloomsbury, fondato nel 1753, oggigiorno conta oltre 7 millioni di reperti archeologi provenienti da tutto il mondo. Nel 1824 la National Gallery è stata fondata per ospitare la collezzione nazionale britannica di dipinti occidentali, l'edificio ora occupa una posizione di rilievo a Trafalgar Square. Nella seconda metà del XIX secolo, presso South Kensington, si è sviluppata la cosiddetta "Albertopolis", un quartiere culturale e scientifico. Tre importanti musei nazionali qui vi si trovano: il Victoria and Albert Museum (per le arti applicate), il Museo di Storia Nazionale e il Museo della scienza.


LONDRA: a cura di Gianmarco Lippolis


Londra ospita molti musei, gallerie d'arte e altre istituzioni. L'entrata a molti di essi è gratuita e rappresentano uno dei luoghi di maggior interesse per il turismo oltre ad essere importanti per la ricerca. Il museo più frequentato è il British Museum a Bloomsbury, fondato nel 1753, oggigiorno conta oltre 7 milioni di reperti archeologici provenienti da tutto il mondo. Nel 1824 la National Gallery è stata fondata per ospitare la collezione nazionale britannica di dipinti occidentali, l'edificio ora occupa una posizione di rilievo a Trafalgar Square. Nella seconda metà del XIX secolo, presso South Kensington, si è sviluppata la cosiddetta "Albertopolis", un quartiere culturale e scientifico. Tre importanti musei nazionali qui vi trovano: il Victoria and Albert Museum (per le arti applicate), il Museo di Storia Naturale e il Museo della scienza.

LA SARDEGNA: a cura di Davide Berruto


La Sardegna, insieme con le isole e gli arcipelaghi che la circondano, copre inoltre l'intero territorio amministrativo di una  regione italiana a statuto speciale, la cui denominazione completa ed ufficiale è Regione autonoma della Sardegna/Regione autonoma di Sardigna. Amministrativamente è divisa in quattro province, una città metropolitana e 377 comuni, è ritenuta parte dell'Italia insulare ed è in terza posizione per superficie ma in undicesima per popolazione. Lo Statuto Speciale, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministrativa delle istituzioni locali a tutela delle peculiarità geografiche e linguistiche.

LA SARDEGNA a cura di Davide Mazzone

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La Sardegna, insieme con le isole e gli arcipelaghi che la circondano, copre inoltre l'intero territorio di una regione italiana a statuto speciale, la cui denominazione completa ed ufficiale è Regione autonoma  della Sardegna/Regione autonoma di Sardigna. Amministrativamente è divisa in quattro province, una città metropolitana e 377 comuni, è ritenuta parte dell'italia insulare ed è in terza posizione per superficie ma in undicesima per popolazione. Lo Statuto Speciale, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministartiva delle istituzione locali a tutela delle peculiarità geografiche e linguistiche.

LA SARDEGNA: a cura di Daniel Signor

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La Sardegna, insieme con le isole e gli arcipelaghi che la circondano, copre inoltre l'intero territorio amministrativo di una regione italiana a statuto speciale, la cui denominazione completa ed ufficiale è Regione autonoma della Sardegna/Regione autonoma di Sardigna. Amministrativamente è divisa in quattro province, una città metropolitana e 377 comuni, è ritenuta parte dell'Italia insulare ed è in terza posizione per superficie ma in undicesima per popolazione. Lo Statuto Speciale, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministrativa delle istituzioni locali a tutela delle peculiarità geografiche e linguistiche.

giovedì 15 giugno 2017

LA SARDEGNA: a cura di Luca Pulcini




La Sardegna, insieme con le isole e gli arcipelaghi che la circondano, copre inoltre l'intero territorio amministrativo di una regione italiana a statuto speciale, la cui denominazione completa ed ufficiale è Regione autonoma della Sardegna /Regione autonoma di Sardigna. Amministrativamente è divisa in quattro province, una città metropolitana e 337 comuni, è ritenuta parte dell'Italia insulare ed è in terza posizione per superficie ma in undicesima come popolazione. Lo Statuto Speciale, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministrativa delle istituzioni locali a tutela delle peculiarità geografiche e linguistiche    

LA SARDEGNA: a cura di Dino Zecchini

La Sardegna, insieme con le isole e gli arcipelaghi che la circondano, copre inoltre l'intero territorio amministrativo di una regione italiana a statuto speciale, la cui denominazione completa ed ufficiale è Regione autonoma della Sardegna/Regione autonoma di Sardigna. Amministrativamente è divisa in quattro province, una città metropolitana e 377 comuni, è ritenuta parte dell'italia insulare ed è in terza posizione per superficie ma in undicesima per popolazione. Lo Statuto Speciale, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministrativa delle istituzioni locali a tutela della peculiarità geografiche e linguistiche.

LA SARDEGNA: a cura di Marco Olivetti





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La Sardegna, insieme con le isole e gli arcipelaghi che la circondano, copre inoltre l'intero territorio amministrativo di una regione italiana a statuto speciale, la cui denominazione completa ed ufficiale è Regione autonoma della Sardegna/Regione autonoma di Sardigna. Amministrativamente è divisa in quattro province, una città metropolitana e 377 comuni, è ritenuta parte dell'Italia insulare ed è in terza posizione per superficie ma in undicesima per popolazione. Lo Statuto Speciale, sancito nella Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministrativa delle istituzioni locali a tutela delle peculiarità geografiche e linguistiche.

LA SARDEGNA: a cura di Gianmarco Lippolis







La Sardegna, insieme con le isole e gli arcipelaghi che la circondano, copre inoltre l'intero territorio amministrativo di una regione italiana a statuto speciale, la cui denominazione completa ed ufficiale è Regione autonoma della Sardegna/Regione autonoma di Sardigna. Amministrativamente è divisa in quattro province, una città metropolitana e 377 comuni, è ritenuta parte dell'Italia insulare ed è in terza posizione per superficie ma in undicesima per popolazione. Lo Statuto Speciale, sancito dalla Costituzione del 1948, garantisce l'autonomia amministrativa delle istituzioni locali a tutela delle peculiarità geografiche e linguistiche. 

venerdì 9 giugno 2017

LITFIBA

LITFIBA
I Litfiba sono un gruppo musicale italiano formatosi a Firenze nell'autunno del 1980.
La nascita del gruppo si deve a Federico "Ghigo" Renzulli e Gianni Maroccolo che incontrano altri tre ragazzi, come loro cultori del genere punk (all'epoca in fase di iniziale declino), del rock (di matrice anni settanta), ma soprattutto della new wave.
Il loro suono anni ottanta è una personale chiave di lettura della new wave stessa e, difatti, la band crea una vera e propria "wave rock mediterranea" capace di coniugare il fascino etnico dei suoni mediterranei con la spigolosità delle atmosfere dark anglofone.[1] Negli anni novanta, invece, i Litfiba si propongono prima con un grintoso e selvaggio rock latineggiante, successivamente con un più facile pop rock riscuotendo ampio successo commerciale ma portando anche aspre critiche dai fan storici della band.
Nel 1999 dopo vari dissidi interni il cantante Piero Pelù lascia il gruppo per intraprendere una carriera solista. Dopo tale colpo di scena, la band riparte con quelle sonorità rock momentaneamente accantonate con l'album Infinito, reclutando due nuovi cantanti; prima Gianluigi Cavallo (dal 1999 al 2006) poi Filippo Margheri (dal 2007 al 2009). L'11 dicembre 2009 viene annunciata la reunion tra Ghigo Renzulli e Piero Pelù tramite un comunicato sul sito ufficiale del gruppo.

Album in studio

CCCP FEDELI ALLA LINEA


I CCCP Fedeli alla linea, originari della provincia di Reggio Emilia, sono stati un gruppo musicale punk rock italiano, considerati tra i più importanti ed influenti nell'Italia degli anni ottanta[1][2][4].
I loro testi e la loro musica hanno influenzato ed ispirato diversi gruppi musicali italiani nei decenni successivi, tra cui i Massimo Volume, Le luci della centrale elettrica, i Marlene Kuntz, gli Offlaga Disco Pax, i Ministri, i Linea 77[5] ed altri artisti alternative rock.
I loro brani sono inoltre stati eseguiti da artisti quali Modena City Ramblers, Subsonica, Jolaurlo, La Crus, Tre allegri ragazzi morti e Gianna Nannini.
Autodefinitosi un gruppo di "musica melodica emiliana" e di "punk filo-sovietico", nacquero nel 1982 a Berlino[6], dall'incontro tra il chitarrista Massimo Zamboni ed il futuro cantante/leader della band Giovanni Lindo Ferretti e si sciolsero in Italia nel 1990, in contemporanea alla riunificazione tedesca, dopo aver incluso nel gruppo alcuni componenti dei Litfiba.
Il loro nome, CCCP, pronunciato ci-ci-ci-pì, come si legge apparentemente in italiano, è l'equivalente della sigla russa SSSR, in alfabeto cirillico Союз Советских Социалистических Республик, (traslitterato Sojuz Sovetskich Socialističeskich Respublik), che designa l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Nel 1992, dalle ceneri dei CCCP, nascono i CSI.


Album in studio

Dino Zecchini

venerdì 12 maggio 2017

Birrificio Messina



La storia del Birrificio Messina

La produzione della Birra Messina risale al 1923, avviata con un certo successo dalla famiglia Lo Presti-Faranda. A fine anni ’80 viene acquistata dalla Dreher a sua volta poi acquisita dall’Heineken che fa di quello di Messina uno degli stabilimenti di punta in Europa (80 dipendenti nel periodo di massimo fulgore) con quote di produzione che arrivano anche a un milione di ettolitri l’anno. In quel periodo lo stabilimento messinese vince per cinque anni di seguito il premio per la migliore produttività di Heineken Europa. Quando a fine anni ’90 Heineken decide di ingrandire lo stabilimento, rimane impantanata in pastoie burocratico-amministrative e decide di trasferire a Messafra in Puglia il grosso della produzione, continuando però a imbottigliare in parte a Messina. Ma i costi di trasporto sono troppo alti.
Nel gennaio 2007 Heineken annuncia che lo stabilimento di Messina cesserà le proprie attività produttive e trasferirà i dipendenti nelle sedi sparse in tutta Italia Dopo qualche settimana dall’annuncio della chiusura, e molte proteste dei lavoratori, si candidano all’acquisto gli eredi della famiglia Faranda, già prima proprietaria della birreria; le trattative si protraggono per un anno e si concludono con la cessione del ramo di azienda per poco più di 4 milioni di euro. Le maestranze allora occupate si impegnano a trasferire il loro Tfr dalle casse Heineken a quelle della società che subentra (Triscele srl).
Heineken non cede però il marchio Birra Messina che produce tutt’oggi e il nuovo birrificio (Triscele Srl) lancia due nuovi marchi di birra (Birra del Sole e Patruni e Sutta). A quella data, gli impianti dello stabilimento messinese avevano una capacità produttiva e di confezionamento che oscillava fra i 400mila e i 600mila ettolitri.
La “crisi”. La domanda di mercato dunque rimane alta, ma da un certo momento in poi i proprietari contraggono la produzione, sostenendo che per tenere il passo serve un ammodernamento degli impianti. Inoltrano così la richiesta di autorizzazione per edificare in un’area più grande nella zona industriale di Messina ma allo stesso tempo chiedono il cambio di destinazione d’uso del vecchio stabilimento a ridosso del centro con l’idea di farne palazzine da vendere. Il processo si accompagna a una continua riduzione della produzione a fronte di una tenuta della domanda. Gli operai cominciano a sospettare che questi movimenti nascondano una speculazione immobiliare più che un rilancio della produzione e si attivano perché sullo stabilimento del centro la Regione ponga il vincolo di interesse storico ed etnoantropologico. Il vincolo viene posto. In questo modo l’operazione di abbattimento del vecchio stabilimento si blocca, ma la crisi si conclama e dopo un anno e mezzo di durissima protesta dei lavoratori che presidiano gli stabilimenti giorno e notte, la Triscele Srl decide di terminare la produzione avviando le procedure per il licenziamento collettivo dei birrai, a tutt’oggi sono collocati nelle liste di mobilità.

LA RINASCITA 

 

   

La Cooperativa Birrificio Messina nasce in memoria dei nostri nonni mastri birrai, dei nostri padri e per

il futuro dei nostri figli e della splendida Messina. Noi, le maestranze, oggi siamo divenuti 

«imprenditori», abbiamo investito i nostri TFR per cominciare, abbiamo rimboccato le 

maniche  delle nostre camicie e lavorato duramente per costruire un nuovo stabilimento dove 

«far crescere» una vera birra tutta messinese. La birra che questa città merita, la birra che 

sappia celebrare ad ogni sorso la tradizione e la storia di Messina e della sua popolazione, fatta di 

lavoratori e di gente solidale ad un progetto che ha il sapore della rivincita.

 

 

 





 

 

 

 

 Luca Pulcini

 



                                                                

Beverly Hills

Beverly Hills 90210 è una serie televisiva trasmessa negli Stati Uniti d'America tra il 1990 ed il 2000, creata dai produttori Aaron Spelling e Darren Star. Il 90210 del titolo si riferisce allo Zip Code (termine con cui negli USA si indica il codice di avviamento postale) della città di Beverly Hills nella contea Los Angeles.
Il soggetto fu originale: per la prima volta infatti una serie televisiva si propose di raccontare gli adolescenti per quello che erano e sono tutt'oggi affrontando temi delicati come droga, AIDS, sessualità, alcool e omosessualità. La serie seguiva le vicissitudini di un gruppo di adolescenti dell'alta borghesia, abitanti nel quartiere VIP di Beverly Hills, a Los Angeles.

DINO ZECCHINI

Melrose Place

Melrose Place
Melrose Place è una serie televisiva creata da Darren Star e prodotta da Aaron Spelling. Fu trasmessa negli Stati Uniti dall'emittente Fox dall'8 luglio 1992 al 24 maggio 1999. In Italia debuttò su Italia 1 il 7 ottobre 1993 e si concluse il 16 luglio 2000. Melrose Place è la seconda serie del franchise di Beverly Hills 90210.
Le riprese della serie sono state realizzate in teatri di posa a Santa Clarita, in California.
Lo show ha affrontato diversi cambiamenti nel cast; Thomas Calabro è stato l'unico attore a essere presente dal primo episodio, per tutta la durata dello show, sino alla sua conclusione.
Negli Stati Uniti Melrose Place è stato nominato più volte agli Emmy e si è piazzato 51º nella classifica degli show New Classic Tv stilata da Entertainment Weekly
In Italia è apparsa un paio di volte tra le serie finaliste nominate per ricevere il Telegatto, senza mai vincere.

DINO ZECCHINI

giovedì 11 maggio 2017

Birrificio Messina



La storia del Birrificio Messina

La produzione della Birra Messina risale al 1923, avviata con un certo successo dalla famiglia Lo Presti-Faranda. A fine anni ’80 viene acquistata dalla Dreher a sua volta poi acquisita dall’Heineken che fa di quello di Messina uno degli stabilimenti di punta in Europa (80 dipendenti nel periodo di massimo fulgore) con quote di produzione che arrivano anche a un milione di ettolitri l’anno. In quel periodo lo stabilimento messinese vince per cinque anni di seguito il premio per la migliore produttività di Heineken Europa. Quando a fine anni ’90 Heineken decide di ingrandire lo stabilimento, rimane impantanata in pastoie burocratico-amministrative e decide di trasferire a Messafra in Puglia il grosso della produzione, continuando però a imbottigliare in parte a Messina. Ma i costi di trasporto sono troppo alti.
Nel gennaio 2007 Heineken annuncia che lo stabilimento di Messina cesserà le proprie attività produttive e trasferirà i dipendenti nelle sedi sparse in tutta Italia Dopo qualche settimana dall’annuncio della chiusura, e molte proteste dei lavoratori, si candidano all’acquisto gli eredi della famiglia Faranda, già prima proprietaria della birreria; le trattative si protraggono per un anno e si concludono con la cessione del ramo di azienda per poco più di 4 milioni di euro. Le maestranze allora occupate si impegnano a trasferire il loro Tfr dalle casse Heineken a quelle della società che subentra (Triscele srl).
Heineken non cede però il marchio Birra Messina che produce tutt’oggi e il nuovo birrificio (Triscele Srl) lancia due nuovi marchi di birra (Birra del Sole e Patruni e Sutta). A quella data, gli impianti dello stabilimento messinese avevano una capacità produttiva e di confezionamento che oscillava fra i 400mila e i 600mila ettolitri.
La “crisi”. La domanda di mercato dunque rimane alta, ma da un certo momento in poi i proprietari contraggono la produzione, sostenendo che per tenere il passo serve un ammodernamento degli impianti. Inoltrano così la richiesta di autorizzazione per edificare in un’area più grande nella zona industriale di Messina ma allo stesso tempo chiedono il cambio di destinazione d’uso del vecchio stabilimento a ridosso del centro con l’idea di farne palazzine da vendere. Il processo si accompagna a una continua riduzione della produzione a fronte di una tenuta della domanda. Gli operai cominciano a sospettare che questi movimenti nascondano una speculazione immobiliare più che un rilancio della produzione e si attivano perché sullo stabilimento del centro la Regione ponga il vincolo di interesse storico ed etnoantropologico. Il vincolo viene posto. In questo modo l’operazione di abbattimento del vecchio stabilimento si blocca, ma la crisi si conclama e dopo un anno e mezzo di durissima protesta dei lavoratori che presidiano gli stabilimenti giorno e notte, la Triscele Srl decide di terminare la produzione avviando le procedure per il licenziamento collettivo dei birrai, a tutt’oggi sono collocati nelle liste di mobilità.

LA RINASCITA 

 

   

La Cooperativa Birrificio Messina nasce in memoria dei nostri nonni mastri birrai, dei nostri padri e per

il futuro dei nostri figli e della splendida Messina. Noi, le maestranze, oggi siamo divenuti 

«imprenditori», abbiamo investito i nostri TFR per cominciare, abbiamo rimboccato le 

maniche  delle nostre camicie e lavorato duramente per costruire un nuovo stabilimento dove 

«far crescere» una vera birra tutta messinese. La birra che questa città merita, la birra che 

sappia celebrare ad ogni sorso la tradizione e la storia di Messina e della sua popolazione, fatta di 

lavoratori e di gente solidale ad un progetto che ha il sapore della rivincita.

 

 

 





 

 

 

 

 Luca Pulcini

 



                                                                

venerdì 5 maggio 2017

IL GRANDE TORINO

IL GRANDE TORINO
« Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto "in trasferta". » (Indro Montanelli, dal Corriere della Sera del 7 maggio 1949)

Col nome di Grande Torino si indica la società calcistica italiana dell'Associazione Calcio Torino nel periodo storico compreso negli anni quaranta del XX secolo, pluricampione d'Italia i cui giocatori erano la colonna portante della Nazionale italiana, nonché una delle formazioni più forti del mondo, e che ebbe tragico epilogo il 4 maggio 1949, in quella sciagura aerea nota come Tragedia di Superga nella quale l'intera squadra perse la vita.[1]
Con questo nome, benché si identifichi comunemente la squadra che perì nella sciagura, si usa definire l'intero ciclo sportivo, durato otto anni, che ha portato alla conquista di cinque scudetti consecutivi, eguagliando così il primato precedentemente stabilito dalla Juventus del Quinquennio d'oro, e di una Coppa Italia.

Come Naque
Quella del 1941/42 è una rosa ormai molto competitiva e collaudata ma, come accennato, le due capitolazioni che costano la partecipazione alla Coppa Italia e le ambizioni di scudetto avvengono tutte contro la stessa squadra, il Venezia di Mazzola e Loik.
Il primo è un regista sopraffino, il secondo un'ala veloce; sono già perni della Nazionale di Pozzo. Novo intuisce che sono le ciliegine che mancano alla torta per rendere la squadra imbattibile. Al termine di un Venezia-Torino, terzultima di campionato, che in pratica mette fine ai sogni tricolore dei granata, Novo scende negli spogliatoi e tratta direttamente l'acquisto dei due, che finiranno sotto la Mole per 1.400.000 lire dell'epoca insieme ad altri due giocatori (Petron e Mezzadra).
Particolare curioso: sulle tracce dei due c'era anche la Juventus, venivano seguiti da Virginio Rosetta, e più volte l'affare con i bianconeri pareva quasi sul punto di essere concluso. Poiché il presidente bianconero Piero Dusio tergiversava, il dinamismo di Novo scombussolò i piani dei cugini e diede allo scacchiere tattico quelle due ciliegine che mancavano. Così nasceva l'undici destinato ad essere ricordato come il Grande Torino.
Al via della stagione 1942/43, a disposizione dell'ungherese Kuttik, c'è una rosa che comprende giocatori di prim'ordine: gli esperti portieri Bodoira e Cavalli; difensori di esperienza come Ferrini ed Ellena e di qualità come Piacentini e Cassano; a centrocampo i veterani Baldi e Gallea, con i nuovi Ezio Loik e Mazzola; davanti Menti e Ferraris, senza dimenticare ovviamente Gabetto e Ossola.
Sulla carta è il Toro la squadra da battere, eppure la partenza non è delle migliori: il Toro si trova così a lottare contro la sorpresa Livorno. Questo duello dà vita ad un campionato avvincente, risolto solo all'ultima giornata quando il Toro, con un gol di Mazzola, espugna Bari.
Il Toro riesce a vincere anche la Coppa Italia proprio contro il "terribile" Venezia dell'anno prima e diventa la prima squadra a centrare una simile "doppietta". La partita si gioca a Milano e i granata, grazie ad una doppietta di Gabetto e reti di Mazzola e Ferraris II, ottengono la vittoria con un secco 4-0.

Campionato di guerra 1944

Nel 1944 l'Italia, ormai devastata dalla guerra, è spezzata in due dalla linea gotica. Il regime fascista è caduto, l'esercito americano avanza nel sud della penisola. Eppure i campionati di calcio vanno avanti e, su decisione della Federazione, hanno un'organizzazione a gironi. I trasferimenti sono comunque difficoltosi poiché i bombardamenti degli Alleati, interrompendo sovente i collegamenti ferroviari, costringono chi viaggia ad affrontare lunghi percorsi a piedi.

Il connubio Torino FIAT, rinforzato da Silvio Piola e protagonista nel campionato di guerra 1944
Per evitare i rischi di chiamata alle armi, molte squadre si ingegnano: con astuzie diplomatiche, assicurano i propri campioni alle industrie più importanti del paese, facendoli passare come elementi indispensabili alla produzione dell'industria bellica nazionale, riuscendo di fatto ad esentarli dall'impiego al fronte. I granata di Novo trovano così una collaborazione con la FIAT, dando vita al Torino FIAT, un nome simile a quello di una compagine aziendale: in effetti, Mazzola e gli altri, per salvare le apparenze, sono di fatto inquadrati come operai nella casa automobilistica degli Agnelli; alcune foto dell'epoca li ritraggono al tornio e alle macchine utensili. I cugini della Juventus, del resto, similmente erano emigrati a loro volta ad Alba per abbinarsi alla Cisitalia, fabbrica d'auto appartenente all'allora presidente bianconero Piero Dusio.
Nel Torino giocano il portiere Luigi Griffanti, del "giro azzurro", prelevato dalla Fiorentina, e il vercellese Silvio Piola, centravanti proveniente dalla Lazio, salito al Nord per prendere la famiglia e portarla nella Capitale, e rimasto invece bloccato in Alta Italia in seguito all'armistizio.
Nel campionato di guerra giocato al Settentrione, nella prima fase a gironi, il Torino è inserito nel girone Ligure-Piemontese. La squadra batte per 7-1 Genoa e Biellese, per 7-0 l'Alessandria, per 8-2 il Novara e per 5-0 la Juventus. Nel girone di semifinale se la vede con l'Ambrosiana-Inter, il Varese e i cugini bianconeri; nei derby arriva una sconfitta per 1-3 e un pareggio per 3-3, poi arriva la vittoria contro le lombarde, aggiudicandosi così la fase finale a tre – assieme a VV.FF. Spezia e Venezia – che si gioca all'Arena Civica di Milano.
Il Torino alla fine perderà il torneo, complice un incontro non ufficiale della Nazionale, organizzato per motivi di propaganda, disputato a Trieste due giorni prima della sfida contro gli spezzini. Nonostante la trasferta resa difficoltosa dalle operazioni di guerra, il presidente Novo, sottovalutando gli avversari, rifiuta la proposta della Federazione di rinvio della gara contro i liguri che, più freschi, non lasciano Milano. I "Vigili del Fuoco", che venivano dal pareggio 1-1 contro il Venezia, nell'incontro decisivo prevalgono per 2-1, rendendo dunque inutile la successiva vittoria dei granata contro i lagunari per 5-2.

1945: dopo la Guerra, torna anche il calcio

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale l'Italia si ritrovò in macerie e spezzata in due. Gli accaniti combattimenti lungo la Linea Gotica dell'inverno 1944 avevano gravemente compromesso, se non distrutto, le linee di comunicazione sull'Appennino, rendendo assai difficoltosi gli spostamenti fra la Pianura Padana e la penisola. In queste condizioni, la Federazione decise di far ripartire il campionato di calcio con una formula una tantum. Per la prima volta dal 1929, il torneo non fu disputato a girone unico.
Nel Nord del paese fu organizzato un Campionato dell'Alta Italia (ufficialmente Divisione Nazionale) che si poneva in continuità con quello prebellico di Serie A, essendovi ammesse tutte le società che avrebbero avuto titolo a partecipare alla massima serie della soppressa stagione 1943-1944. Nel Meridione la situazione era ancora più complessa, non essendoci ivi sufficienti società aventi titolo alla massima serie. La soluzione fu trovata organizzando un Torneo Misto fra le squadre di Serie A e quelle di Serie B.
Solo alla conclusione dei due raggruppamenti le prime quattro classificate di ogni campionato si sarebbero qualificate al girone finale che avrebbe determinato la vincitrice dello scudetto, con una formula che ricordava non poco quella dei campionati precedenti il 1926, con l'unica differenza che in quegli antichi tornei si qualificavano alla finalissima nazionale solo due squadre. Per questo complesso meccanismo il campionato 1945-1946, pur comparendo regolarmente negli albi d'oro, non è assimilato a quelli di Serie A e non compare nelle relative statistiche.

Il "Grande Torino" del 1945-1946
Così il 14 ottobre del 1945 riparte il campionato dei granata con lo scudetto sulle maglie. Ferruccio Novo ha dato alla squadra l'assetto definitivo con l'arrivo del portiere Valerio Bacigalupo dal Savona, del terzino Aldo Ballarin dalla Triestina dalla quale era già stato "pescato" Giuseppe Grezar, il rientro dall'Alessandria di Virgilio Maroso, del centromediano Mario Rigamonti dal Brescia, del laterale Eusebio Castigliano, vercellese come Pietro Ferraris, dallo Spezia.
Praticamente difesa rivoluzionata e attacco identico al passato, per questa squadra che Novo affida al torinese purosangue Luigi Ferrero, valida ala sinistra granata dell'immediato anteguerra, che come allenatore si era ben comportato a Bari.
Alla prima giornata c'è subito il derby e subito la prima sconfitta: decide Silvio Piola - passato ai bianconeri dopo la parentesi granata del 1944 - con un rigore. Nelle due giornate successive il Torino realizza undici gol senza subirne nessuno contro Genoa e Sampierdarenese, iniziando una travolgente marcia nel suo girone, che lo porterà a battere tutti i record. I granata battono la Juventus nel derby di ritorno, in calendario a gennaio ma recuperato a metà marzo, con una rete di Eusebio Castigliano. Il girone si chiude con tre punti di vantaggio sull'Inter, seguito da Juventus e Milan. Nel girone finale accedono anche, dal Sud, Napoli, Bari, Roma e Pro Livorno.
Il quarto d'ora granata

Fase di gioco di una gara del Torino allo stadio Filadelfia
Il famoso quarto d'ora granata era un momento particolare della partita, dedicato al pubblico dello Stadio Filadelfia, dove il Torino giocava le partite casalinghe. Sugli spalti la gente aspettava quei quindici minuti e i giocatori si divertivano a farlo attendere. Quando la squadra avversaria non era temibile, i calciatori del Torino erano soliti giocare volutamente al di sotto delle loro potenzialità, finché partivano tre squilli di tromba dalla tribuna di legno dove era presente tale Oreste Bolmida, un tifoso particolare di professione ferroviere. Da quell'istante partiva il quarto d'ora granata: Valentino Mazzola si rimboccava le maniche, dando il segnale del cambiamento, e la squadra aumentava il ritmo. Il tutto ebbe inizio nella primavera 1946, allorché si ebbero diverse partite sfociate in goleade realizzate in quindici minuti,la più incredibile lo 0-7 allo Stadio Nazionale contro la Roma il 28 aprile 1946. Una volta messo al sicuro il risultato, il Torino addormentava la partita, limitandosi al controllo della stessa, praticamente facendo il minimo necessario in un quarto d'ora.
A volte la tromba veniva suonata anche quando il Torino era in difficoltà, oppure quando era sotto, come successe il 30 maggio 1948 quando perdeva 0-3 in casa contro la Lazio e il risultato fu ribaltato per il definitivo 4-3.
L'inizio è travolgente: il Torino gioca a Roma, e realizza sei gol in mezz'ora, uno ogni cinque minuti; nel secondo segna un altro gol. Fra le altre partite finite in goleada c'è il 7-1 al Napoli e il 9-1 dell'ultima giornata con la Pro Livorno. La Juventus batte il Torino all'andata (ancora un rigore di Silvio Piola) e alla penultima giornata guida con due punti di vantaggio. Nel derby di ritorno il Torino, con un gol di Guglielmo Gabetto, aggancia i bianconeri in testa alla classifica.
All'ultima giornata, come già scritto, i granata rifilano al Filadelfia nove reti al Pro Livorno, mentre la Juve a Napoli non riesce ad andare oltre l'1-1. È scudetto per il Torino, il terzo della sua storia, il secondo trionfo dello squadrone di Ferruccio Novo.

Campionato 1946-1947

Le ferite della guerra si stanno rimarginando e il calcio torna al girone unico. II campionato, per la difficoltà immediata di mettere in fila le sedici migliori, si disputa con un gigantesco torneo a venti squadre, quindi 38 giornate che occupano l'attenzione dei tifosi da settembre al luglio successivo. II Torino non ha apportato modifiche sostanziali al suo telaio, ma ha rafforzato il parco giocatori. Insieme al ritorno di Romeo Menti, arrivano il mediano mantovano Danilo Martelli dal Brescia, il terzino-stopper Francesco Rosetta del Novara, il portiere Dante Piani, il vercellese Guido Tieghi. Ancora sotto la guida dell'allenatore Luigi Ferrero, l'undici granata comincia il campionato con un pareggio casalingo con la Triestina, all'esordio, e dopo la vittoria di misura in casa della Lazio un altro pareggio con la Sampdoria, poi la sconfitta in casa del Venezia, che retrocederà a fine stagione.
Alla quinta giornata c'è il derby: con la Juventus finisce 0-0. Dopo cinque giornate il Torino è riuscito a collezionare cinque punti. Dalla sesta giornata il Torino ottiene sei successi consecutivi e alla tredicesima giornata è in testa. All'ottava giornata, 10 novembre 1946, arriva al Filadelfia il Bologna imbattuto da sette partite, con il portiere Glauco Vanz che non ha ancora subito un gol dall'inizio del torneo. Dopo pochi minuti Giuseppe Grezar non trasforma un rigore, quindi i granata chiudono il Bologna nella sua metà campo. Intorno al 20' la palla giunge a Eusebio Castigliano che dal limite dell'area tira al volo «mettendo nel tiro la volontà di vittoria di tutta la squadra», scrivono le cronache di allora. Il Torino poi va a vincere per 4-0. Negli spogliatoi si sentirà il presidente Dall'Ara gridare ai suoi: «Ma siete ammattiti, non sapete che nel Torino segnano anche i mediani? E ne lasciate libero uno! Sapete almeno chi è Castigliano?»

Il Torino Campione d'Italia 1946-1947
II successo più sonante di questa fase arriva con la Fiorentina, 7-2. Il Torino perde la testa della classifica quando viene sconfitto dall'Alessandria. Insieme al pareggio interno con il Modena che arriva due settimane dopo, è l'ultima volta che il Torino perde punti prima della fine dal torneo. Dal ventunesimo turno i granata tornano soli al comando rafforzando via via la loro posizione, finendo per vincere il torneo con dieci punti di vantaggio sui bianconeri. I granata, dopo un ultimo passo falso con la Sampdoria (l'unica formazione che in questo torneo riesce a portare via al Torino tre punti su quattro) infilano una serie finale di sedici partite utili consecutive, delle quali quattordici sono vittorie, a cominciare da quella nel derby propiziata da Guglielmo Gabetto, per andare ad altri successi come i cinque gol all'Inter e all'Atalanta, i sei al Vicenza, al Genoa e al Milan. Quell'attacco conclude con 104 gol all'attivo, una media di quasi tre a partita, e con Valentino Mazzola capocannoniere.

Campionato 1947-1948



Mario Sperone
Il Torino è stata la prima squadra fin dal 1945 a riallacciare contatti internazionali con club inglesi e svizzeri. II commissario tecnico azzurro Vittorio Pozzo sperimenta una Nazionale dove trovano posto soltanto Aldo Ballarin, Virgilio Maroso e Valentino Mazzola e in novembre l'Italia viene sonoramente sconfitta a Vienna per 5-1.
La Serie A 1947-1948 è stato il campionato più lungo della storia del calcio italiano, disputato da ventuno squadre per motivi geopolitici, con il recupero della Triestina che era finita in Serie B: un campionato che ha inizio a metà settembre e si concluderà alla fine del giugno seguente praticamente senza interruzioni, occupando quaranta giornate.
Se n'è andato l'allenatore Luigi Ferrero, la guida viene assunta da Mario Sperone con Roberto Copernico direttore tecnico; intanto rientra come prezioso consigliere di Novo anche Ernest Erbstein, dopo aver dovuto nascondersi a lungo per le persecuzioni razziali. La campagna acquisti porta alla rosa il terzino spezzino Sauro Tomà e il rumeno Fabian, attaccante.
Il Torino debutta con un 4-0 al Napoli, che al termine del campionato verrà retrocesso all'ultimo posto per un tentativo di illecito e andrà in Serie B insieme alla Salernitana, al Vicenza e all'Alessandria. Gioca ancora, e segna, Pietro Ferraris, ormai sulla via del tramonto, che nel corso della stagione verrà rilevato da Franco Ossola.
Dopo una sconfitta alla seconda giornata in casa del Bari, la squadra vince per 6-0 sulla Lucchese e 7-1 sul campo della Roma. In quest'annata crollano tutti i record; alcune partite fanno storia, come il 10-0 all'Alessandria[1] o il 5-0 alla Fiorentina il giorno di Capodanno, con Guglielmo Gabetto che attira Giuseppe Moro in uscita, gli alza la palla sul capo con un tocco di ginocchio, scatta oltre il portiere e si porta il pallone in rete. Ventuno reti in sei giornate non bastano a liberare il Torino della concorrenza di Juventus e Milan. Nel primo derby il Torino pareggia, poi arriva la sconfitta di Bologna grazie a una rete del centravanti Gino Cappello e il Milan ne approfitta per staccarsi.
C'è un 7-1 alla Salernitana, un 5-0 all'Inter firmato da tutti e cinque gli uomini dell'attacco granata, poi arrivano sei reti alla Triestina e le cinque alla Fiorentina di cui già si è già detto più sopra.

Una formazione del "Grande Torino" nel 1947-1948
Alla penultima giornata del girone di andata, nel confronto diretto il Milan batte il Torino per 3-2. Il Torino termina così la prima metà di campionato staccato di due punti dal Milan e alla ventiquattresima i punti di differenza sono diventati quattro (33 a 37) complici due pareggi con Napoli e Lucchese.
Per tre giornate consecutive (dalla ventiquattresima alla ventiseiesima) il Torino avanza a suon di quattro gol con Roma, Vicenza e Pro Patria; rallenta la domenica successiva pareggiando il derby con la Juventus, ma quel punto basta per raggiungere i rossoneri. Due giornate insieme al comando, poi la "fuga" con ventuno giornate di campionato senza più perdere dopo quella sconfitta all'andata col Milan. I punti di vantaggio alla fine saranno sedici quando il campionato si conclude ormai in estate, con sei successi consecutivi finali. In particolare, dopo il parziale 3-0 contro la Lazio, la squadra riesce a ribaltare il risultato con una doppietta di Eusebio Castigliano, una rete di Guglielmo Gabetto e una di capitan Valentino Mazzola, in mezz'ora. La squadra conclude con 29 vittorie su 40 partite, 125 gol segnati, una cinquantina in più di Milan e Juventus, alla media di 3,12 a partita, 33 goal subiti (miglior difesa).
Essendo un campionato a ventuno squadre per il ripescaggio della Triestina, ogni domenica una squadra riposava. II turno di riposo del Torino cade proprio l'ultima domenica di campionato e i granata se ne partono per una tournée in Sudamerica con sette giorni d'anticipo e lo scudetto in tasca.
I bomber sono Mazzola (25 reti) e Gabetto (23), che seguono Giampiero Boniperti della Juventus con 27 gol.

Campionato 1948-1949

È passata una breve estate dalla fine del campionato precedente, in cui ai Giochi di Londra '48 l'Italia si ripresenta per riprendere le competizioni ufficiali. Precocemente eliminata, Vittorio Pozzo perde il posto di commissario unico azzurro, e Ferruccio Novo prende il suo posto.

Il Torino 1948-1949
Dopo alcune amichevoli estive, riparte il campionato a metà settembre, con un Torino sostanzialmente identico a quello dei precedenti scudetti; c'e il solo Franco Ossola stabilmente al posto di Pietro Ferraris che, a 36 anni, si trasferisce al Novara. Arriva il mediano Rubens Fadini dalla Gallaratese; Dino Ballarin, fratello di Aldo, portiere del Chioggia; il terzino Piero Operto dal Casale; l'ungaro-cecoslovacco Giulio Schubert, mezzala sinistra; gli attaccanti Emile Bongiorni e Ruggero Grava rispettivamente dal Racing Parigi e dal Roubaix-Tourcoing.
II Torino si presenta al campionato dopo la lunga tournée in Brasile in cui ha incontrato Palmeiras, Corinthians, San Paolo e Portuguesa, perdendo una sola volta. In questo torneo, ridimensionato a venti squadre dopo le quattro retrocessioni e le tre promozioni, guida le operazioni granata Ernest Erbstein, in veste di direttore tecnico, con l'inglese Leslie Lievesley allenatore.
In stagione arrivano anche alcuni infortuni a Virgilio Maroso, Eusebio Castigliano, Romeo Menti e Sauro Tomà, più una lunga squalifica ad Aldo Ballarin. I granata, che all'esordio hanno battuto la Pro Patria, subiscono alla seconda giornata una sconfitta dall'Atalanta; si riprendono con cinque successi consecutivi, fra cui quello del derby, perdendo nuovamente, a Milano, contro i rossoneri.
II Torino ogni tanto cede la posizione di testa, poi la riconquista. Termina il girone d'andata al primo posto alla pari con il Genoa, dal quale ha subito la terza sconfitta stagionale per 3-0 maturato nella ripresa, che sarà anche l'ultima del campionato. Nel derby di ritorno i granata battono per 3-0 la Juventus.

Il Torino dei "ragazzi"
II vantaggio in classifica così aumenta, e il Torino arriva ad accumulare fino a sei punti sull'Inter portatasi al secondo posto. Arrivano poi un paio di pareggi (a Trieste e a Bari) così da portare, alla vigilia della trentaquattresima giornata (ne mancano cinque alla fine), il 30 aprile del 1949, i nerazzurri a quattro punti dai granata. Li attendono a Milano nello scontro diretto, che finisce 0-0, avvicinandosi così alla conquista del quinto scudetto consecutivo (sarebbe stato record eguagliato).
La squadra va così in Portogallo a giocare un'amichevole contro il Benfica. Nel viaggio aereo di ritorno la squadra perirà nel disastro di Superga.

Benfica-Torino, l'ultima partita


Genova, 27 febbraio 1949: Italia-Portogallo
Francisco Chico Ferreira era capitano del Benfica e del Portogallo. Con Mazzola si erano incontrati a Genova a fine febbraio come capitani delle rispettive Nazionali nella partita che ha visto l'Italia vincere per 4-1. Nel corso dei festeggiamenti del dopo-partita, come era prassi allora, i giocatori si erano trovati a fraternizzare tra loro, così i due capitani presero a conoscersi con interesse. Questa simpatia reciproca fa in modo che il comitato organizzativo della festa in omaggio a Ferreira (che era, appunto, un semplice omaggio sportivo e non un addio al calcio, come lo stesso Ferreira conferma in un'intervista a «Mundo Desportivo», il 29 aprile 1949, quindi tre giorni prima di quella partita[10]), prevista per il maggio di quell'anno, decida di invitare il Torino. L'invito viene accettato e il 1º maggio 1949 il Torino arriva a Lisbona per affrontare, due giorni dopo, il Benfica di Ferreira e di Rogério Pipi. All'Estádio Nacional do Jamor le due squadre mostrano uno spettacolo degno del loro blasone, segnando in totale sette reti. Il Benfica conquista quindi la «Coppa Olivetti», trofeo messo a disposizione per l'occasione dagli stabilimenti SIDA, rappresentanti dell'Olivetti in Portogallo[11]. Dopo la partita, le due squadre si riuniscono per una cena «di fratellanza» al Ristorante Alvalade di Campo Grande, a Lisbona, insieme ai dirigenti delle due società e ad altre figure eminenti dello sport e del giornalismo di quel tempo. Pare che un principio di accordo fosse stato fatto con il Bologna del presidente Dall'Ara, ma, per Ferreira, era certo che avere il Torino avrebbe garantito uno stadio esaurito in ogni ordine di posto.
Il Grande Torino a fine stagione del campionato precedente era partito per una tournée in Brasile e di recente aveva disputato una partita a Bruxelles per inaugurare il nuovo stadio del Racing Club. La società rimpinguava il bilancio e i giocatori intascavano premi partita.

La formazione dell'ultima partita del Grande Torino
Benfica-Torino fu decisa per il 3 maggio, un martedì. Quindi Inter-Torino, partita di cartello di un campionato a cinque giornate dalla fine, è giocata come anticipo, al sabato, e conclusasi 0-0 restando così a quattro punti dai nerazzurri.
La partenza sarebbe avvenuta direttamente da Milano il giorno dopo. Dei giocatori non facevano parte della comitiva il difensore Sauro Tomà bloccato a Torino da un infortunio e un deluso Renato Gandolfi, il secondo portiere, a cui solo all'ultimo era stato detto che in Portogallo non sarebbe andato. Aldo Ballarin aveva convinto il presidente Novo a "premiare" per questo incontro amichevole suo fratello Dino Ballarin che in rosa era il terzo portiere. Novo insieme a Roberto Copernico erano rimasti a Torino; Agnisetta e Civalleri erano i dirigenti accompagnatori con Bonaiuti responsabile della trasferta; per l'area tecnica c'erano Leslie Lievesley, Ernest Erbstein, e poi il ruolo importante del massaggiatore Osvaldo Cortina. Facevano parte della comitiva anche i giornalisti Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport), Renato Tosatti (della Gazzetta del Popolo, padre di Giorgio Tosatti) e Luigi Cavallero (La Stampa).

L'arrivo all'aeroporto di Lisbona
Quest'ultimo prese il posto di Vittorio Pozzo. Pozzo era l'inviato sportivo de La Stampa di Torino ma, visto il recente avvicendamento sulla panchina della Nazionale e le incomprensioni che erano nate tra lui e Novo, il suo nome non era molto gradito in quel periodo dalla società del Torino (aveva deciso di andare a Londra alla finale della Coppa d'Inghilterra). Il fato salverà la vita anche a Nicolò Carosio, la celebre voce sportiva, a cui la società granata aveva garantito un posto sul trimotore in rotta per Lisbona, ma colui che aveva inventato la radiocronaca sportiva aveva dovuto rinunciare: impossibile far coincidere la trasferta con la cresima di suo figlio.
Il Torino parte quindi dall'aeroporto di Milano per Lisbona sul trimotore Fiat G.212.
Il 3 maggio 1949, allo Stadio Nazionale di Lisbona, è in campo di fronte a una folla di quarantamila spettatori con Bacigalupo, A. Ballarin, Martelli, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola. Per il Benfica: Contreros, Jacinto, Fernandes, Morira, Felix, Ferreira, Corona, Arsenio, Espiritosanto, Melao, Rogério. Entrano a partita in corso Fadini al posto di Castigliano e Bongiorni al posto di Gabetto. Nei portoghesi invece si avvicendano il portiere Contreros con Machado, Corona con Batista, Espiritosanto con Julio. È Ossola, con la collaborazione di Grezar, Menti e Gabetto, ad aprire le marcature al 9'. Dopo dieci minuti i biancorossi prima pareggiano e poi con una doppietta di Melao e una rete di Arsenio chiudono il primo tempo in vantaggio 3-2 (il momentaneo 2-2 è di Bongiorni). Nel secondo tempo il Benfica allunga il passo con Rogerio e all'ultimo minuto Mazzola viene atterrato mentre si dirige verso la porta: l'arbitro decide quindi per il rigore, trasformato in gol da Menti. La partita finisce 4-3.

La tragedia di Superga


« Un crepuscolo durato tutto il giorno, una malinconia da morire. Il cielo si sfaldava in nebbia, e la nebbia cancellava Superga. »
(Cinegiornale "Settimana Incom")
« Dice il cappellano della Basilica: "Ho sentito un rombo, paurosamente vicino, poi un colpo, un terremoto. Poi il silenzio. E una voce di fuori "È caduto un apparecchio!" »
(Cinegiornale "Settimana Incom")
Al rientro da Lisbona, il 4 maggio 1949, il trimotore FIAT G. 212 delle Avio Linee Italiane trovò una fitta nebbia che avvolgeva Torino e le colline circostanti. Alle ore 17:05, fuori rotta per l'assenza di visibilità, l'aeroplano si schiantò contro i muraglioni di sostegno del giardino posto sul retro della Basilica di Superga.

La folla presente ai funerali
L'impatto causò la morte istantanea di tutte le trentuno persone di bordo, fra calciatori, staff tecnico, giornalisti ed equipaggio. Per la fama della squadra, la tragedia ebbe una grande risonanza sulla stampa mondiale, oltre che in Italia. Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l'ultimo saluto alla squadra.
Il Torino fu costretto a schierare la formazione giovanile nelle ultime quattro partite, e lo stesso fecero gli avversari di turno; il Torino fu proclamato vincitore del campionato a tavolino.
L'impressione fu tale che l'anno seguente la Nazionale scelse di recarsi ai Mondiali in Brasile con un viaggio in nave di tre settimane.

Dino Zecchini