A cura di Gianmarco Lippolis
Il Rugby è nato da un rivoluzionario compiuto il 1° novembre del 1823 dal giovane William Webb Ellis, che durante una partita di calcio giocata sul prato della Public School di Rugby, cittadina inglese del Warwickshire, prese la palla con le mani (all’epoca consentito dalle regole) e cominciò a correre (cosa non consentita dal regolamento) fino alla linea di fondo dove depositò la palla.
Questo
dice la leggenda, presa come versione ufficiale, perché piace ai
rugbisti che il Rugby sia nato con il cuore e con il coraggio di
andare contro le regole. La storia dice che, durante gli anni
successivi, questo sport si diffuse maggiormente nel Regno Unito. La
data ufficiale della nascita del rugby potrebbe essere quella del
1866 quando venne fondata l’International Rugby Board.
Nel
tempo il rugby passò dall’Inghilterra, dove era giocato
dall’aristocrazia, i così detti gentlemen, al Galles dove era
praticato da minatori e contadini che si ritrovavano a giocare su
campi improvvisati, mentre i cugini inglesi giocavano sui campi in
erba del loro College; queste diversità sociali si rispecchiarono
nel modo di giocare, gallesi ruvidi e fisici, inglesi con il loro
gioco “alla mano”. Anche la Scozia e l’Irlanda furono
contagiate da questa febbre ovale e il Regno Unito fu per molto tempo
maestro indiscusso di questa disciplina sportiva; finché la palla
ovale non emigrò, sbarcando sotto l’equatore, dove trovò
popolazioni con fisici da fabbri e propensione alla lotta corpo a
corpo.
Il
rugby è quello sport dove si sfidano le leggi della fisica e si
rischiano la metà delle ossa del proprio corpo solo per arrivare
all’obiettivo finale: la meta.
Ci
sono due varianti principali differenziatesi nel Regno Unito alla
fine del XIX secolo: il rugby a 15 o rugby union, disputato tra due
squadre formate da 15 giocatori ciascuno, e il rugby a 13 o rugby
league, composta rispetto a quella a 15 da 13 giocatori.
Il
rugby a 15 è praticato a livello internazionale in buona parte del
mondo: nel regno Unito, nei Paesi dell’ex impero britannico
(Irlanda, Nuova Zelanda, Australia, Figi, Sudafrica), anche in
Francia (dove un campionato esiste dalla fine del XIX secolo), in
Italia (che ha un suo campionato nazionale dal 1929), Argentina,
Romania (presente nella Coppa Europa di rugby fin dagli anni
Sessanta) ed ex Unione Sovietica (dove aveva patrocinatori di rilievo
come Jurij Gagarin e la cui eredità è stata raccolta da Russia, e
soprattutto Georgia); riscuote seguito da Giappone, India, Marocco,
Kenya, Namibia e in diverse altre nazioni di Oceania e Asia; il rugby
a 13 è molto seguito in Inghilterra, Francia, Australia, Nuova
Zelanda e Papua Nuova Guinea, quest’ultimo Paese nel quale è lo
sport nazionale.
La
storia del rugby propriamente detto è unitaria fino al 1895, anno
della scissione professionistica del rugby a 13; da allora ci si
riferisce più propriamente a rugby a 15 o a 13, benché in diversi
Paesi in cui la disciplina del rugby a 13 è sconosciuta o pochissimo
praticata (Italia, Spagna, Argentina) il termine rugby intende solo
la disciplina a 15.
Un’altra
variante assai diffusa è il rugby a 7, molto veloce e spettacolare.
In
anni recenti notevoli sviluppi e progressi tecniche sta avendo il
rugby femminile.
La
mia idea su giocare a rugby è molto strana perché prima la odiavo
sia vederlo in tv che praticarlo, poi quando avevo il mio affidatario
Stefano mi ha portato a vedere sue partite della squadra che allena
che sarebbe il Moncalieri Rugby e con lui sono andato a vedere una
partita di rugby dell’Italia allo stadio di rugby. Un giorno sono
andato a vedere al cinema quando è uscito “INVICTUS” che da quel
film mi ha spinto di più a entrare nell’orbita rugby.
L’anno scorso ho fatto uno scambio interculturale sportivo e tra
cui c’era proprio il rugby che c’era un allenatore di Chivasso
Rugby, che una sera mi ha invitato a fare delle prove di allenamenti
a Settimo Torinese e quando è arrivato un momento di inizio giugno
mi ha convocato ai mondiali del mixed ability rugby che erano in
Inghilterra, nello Yorkshire, di preciso a Bradford.
Nella seconda parte dell’anno scorso abbiamo iniziato a fare giri
in Italia facendo allenamenti, partite contro alcune squadre. A
novembre del 2015 siamo stati per la prima volta a Treviso, dove io
mi sono emozionato tantissimo perché nella squadra del Benetton
Treviso gioca il mio idolo da quando ho iniziato a piacere il rugby
ed è Edoardo Gori, come vede nella foto di sopra, che abbiamo fatto
un allenamento congiuntivo più partitella e tra l’altro nella
partitella contro di loro ho fatto la mia prima meta in trasferta
contro una squadra molto importante e forte e anche perché il
Benetton Treviso gioca nella lega celtica che si chiama Guinness
Pro12 insieme alle Zebre Rugby che giocano a Parma, in
Emilia-Romagna. Ho fatto anche una partita contro il Rivoli Rugby,
dove gioca anche un professore che avevamo l’anno scorso e in
quella partita mi sono divertito tantissimo.
A giugno di quest’anno abbiamo fatto una specie di 6 Nazioni, in
cui abbiamo partecipato anche noi e gli avversari dello scorso
mondiale fatto in Inghilterra e alla fine la partita l’abbiamo
vinta noi e ci hanno consegnato la Coppa.
Durante le vacanze estive, mentre stavo in Scozia, mi è arrivato un
messaggio sul gruppo del rugby dicendo che ci siamo laureati Campioni
d’Italia del Mixed Ability Rugby che, quando lo saputo, ho fatto un
salto di gioia.
Dopo le vacanze estive, abbiamo iniziato a fare allenamenti duri per
prepararci al meglio per poi andare a giocare i prossimi mondiali del
Mixed Ability Rugby, in Spagna, di preciso a Vitoria Gasteiz e che
spero che li vinciamo e anche perché l’anno scorso siamo arrivati
terzi insieme ad una squadra di rugby. A novembre, sono andato per la
prima volta, insieme col mio mister, ad Arona a partecipare ad una
conferenza sull’inclusione e in quella conferenza mi ha fatto
veramente emozionare tanto perché ho parlato da solo davanti a 30-40
persone sulla mia prima esperienza ai mondiali di rugby.
A febbraio dell’anno prossimo, andremo a fare una partita di rugby
in un carcere e si chiama La Drola e si trova nelle Vallette a
Torino.
E per finire il
rugby adesso per me, è uno stile di vita che quando ho dei miei
momenti di difficoltà ci sono i miei compagni di squadra che mi
aiutano a essere tranquillo e soprattutto a non esplodere.
E soprattutto si
dice che a rugby si va andando avanti guardando indietro!
Grazie al carissimo amico Max Tagliavini
Grazie al carissimo amico Max Tagliavini