mercoledì 7 dicembre 2016

RUGBY: la pazza idea di praticarlo


















A cura di Gianmarco Lippolis

Il Rugby è nato da un rivoluzionario compiuto il 1° novembre del 1823 dal giovane William Webb Ellis, che durante una partita di calcio giocata sul prato della Public School di Rugby, cittadina inglese del Warwickshire, prese la palla con le mani (all’epoca consentito dalle regole) e cominciò a correre (cosa non consentita dal regolamento) fino alla linea di fondo dove depositò la palla.

Questo dice la leggenda, presa come versione ufficiale, perché piace ai rugbisti che il Rugby sia nato con il cuore e con il coraggio di andare contro le regole. La storia dice che, durante gli anni successivi, questo sport si diffuse maggiormente nel Regno Unito. La data ufficiale della nascita del rugby potrebbe essere quella del 1866 quando venne fondata l’International Rugby Board.

Nel tempo il rugby passò dall’Inghilterra, dove era giocato dall’aristocrazia, i così detti gentlemen, al Galles dove era praticato da minatori e contadini che si ritrovavano a giocare su campi improvvisati, mentre i cugini inglesi giocavano sui campi in erba del loro College; queste diversità sociali si rispecchiarono nel modo di giocare, gallesi ruvidi e fisici, inglesi con il loro gioco “alla mano”. Anche la Scozia e l’Irlanda furono contagiate da questa febbre ovale e il Regno Unito fu per molto tempo maestro indiscusso di questa disciplina sportiva; finché la palla ovale non emigrò, sbarcando sotto l’equatore, dove trovò popolazioni con fisici da fabbri e propensione alla lotta corpo a corpo.


Il rugby è quello sport dove si sfidano le leggi della fisica e si rischiano la metà delle ossa del proprio corpo solo per arrivare all’obiettivo finale: la meta.
Ci sono due varianti principali differenziatesi nel Regno Unito alla fine del XIX secolo: il rugby a 15 o rugby union, disputato tra due squadre formate da 15 giocatori ciascuno, e il rugby a 13 o rugby league, composta rispetto a quella a 15 da 13 giocatori.

Il rugby a 15 è praticato a livello internazionale in buona parte del mondo: nel regno Unito, nei Paesi dell’ex impero britannico (Irlanda, Nuova Zelanda, Australia, Figi, Sudafrica), anche in Francia (dove un campionato esiste dalla fine del XIX secolo), in Italia (che ha un suo campionato nazionale dal 1929), Argentina, Romania (presente nella Coppa Europa di rugby fin dagli anni Sessanta) ed ex Unione Sovietica (dove aveva patrocinatori di rilievo come Jurij Gagarin e la cui eredità è stata raccolta da Russia, e soprattutto Georgia); riscuote seguito da Giappone, India, Marocco, Kenya, Namibia e in diverse altre nazioni di Oceania e Asia; il rugby a 13 è molto seguito in Inghilterra, Francia, Australia, Nuova Zelanda e Papua Nuova Guinea, quest’ultimo Paese nel quale è lo sport nazionale.

La storia del rugby propriamente detto è unitaria fino al 1895, anno della scissione professionistica del rugby a 13; da allora ci si riferisce più propriamente a rugby a 15 o a 13, benché in diversi Paesi in cui la disciplina del rugby a 13 è sconosciuta o pochissimo praticata (Italia, Spagna, Argentina) il termine rugby intende solo la disciplina a 15.
Un’altra variante assai diffusa è il rugby a 7, molto veloce e spettacolare.
In anni recenti notevoli sviluppi e progressi tecniche sta avendo il rugby femminile.

La mia idea su giocare a rugby è molto strana perché prima la odiavo sia vederlo in tv che praticarlo, poi quando avevo il mio affidatario Stefano mi ha portato a vedere sue partite della squadra che allena che sarebbe il Moncalieri Rugby e con lui sono andato a vedere una partita di rugby dell’Italia allo stadio di rugby. Un giorno sono andato a vedere al cinema quando è uscito “INVICTUS” che da quel film mi ha spinto di più a entrare nell’orbita rugby.
L’anno scorso ho fatto uno scambio interculturale sportivo e tra cui c’era proprio il rugby che c’era un allenatore di Chivasso Rugby, che una sera mi ha invitato a fare delle prove di allenamenti a Settimo Torinese e quando è arrivato un momento di inizio giugno mi ha convocato ai mondiali del mixed ability rugby che erano in Inghilterra, nello Yorkshire, di preciso a Bradford.
Nella seconda parte dell’anno scorso abbiamo iniziato a fare giri in Italia facendo allenamenti, partite contro alcune squadre. A novembre del 2015 siamo stati per la prima volta a Treviso, dove io mi sono emozionato tantissimo perché nella squadra del Benetton Treviso gioca il mio idolo da quando ho iniziato a piacere il rugby ed è Edoardo Gori, come vede nella foto di sopra, che abbiamo fatto un allenamento congiuntivo più partitella e tra l’altro nella partitella contro di loro ho fatto la mia prima meta in trasferta contro una squadra molto importante e forte e anche perché il Benetton Treviso gioca nella lega celtica che si chiama Guinness Pro12 insieme alle Zebre Rugby che giocano a Parma, in Emilia-Romagna. Ho fatto anche una partita contro il Rivoli Rugby, dove gioca anche un professore che avevamo l’anno scorso e in quella partita mi sono divertito tantissimo.
A giugno di quest’anno abbiamo fatto una specie di 6 Nazioni, in cui abbiamo partecipato anche noi e gli avversari dello scorso mondiale fatto in Inghilterra e alla fine la partita l’abbiamo vinta noi e ci hanno consegnato la Coppa.
Durante le vacanze estive, mentre stavo in Scozia, mi è arrivato un messaggio sul gruppo del rugby dicendo che ci siamo laureati Campioni d’Italia del Mixed Ability Rugby che, quando lo saputo, ho fatto un salto di gioia.
Dopo le vacanze estive, abbiamo iniziato a fare allenamenti duri per prepararci al meglio per poi andare a giocare i prossimi mondiali del Mixed Ability Rugby, in Spagna, di preciso a Vitoria Gasteiz e che spero che li vinciamo e anche perché l’anno scorso siamo arrivati terzi insieme ad una squadra di rugby. A novembre, sono andato per la prima volta, insieme col mio mister, ad Arona a partecipare ad una conferenza sull’inclusione e in quella conferenza mi ha fatto veramente emozionare tanto perché ho parlato da solo davanti a 30-40 persone sulla mia prima esperienza ai mondiali di rugby.
A febbraio dell’anno prossimo, andremo a fare una partita di rugby in un carcere e si chiama La Drola e si trova nelle Vallette a Torino.














E per finire il rugby adesso per me, è uno stile di vita che quando ho dei miei momenti di difficoltà ci sono i miei compagni di squadra che mi aiutano a essere tranquillo e soprattutto a non esplodere.
E soprattutto si dice che a rugby si va andando avanti guardando indietro!

Grazie al carissimo amico Max Tagliavini